“Cibo spazzatura”… per la mente

burger-996037_640

“Conoscete certamente il proverbio: “siamo quello che mangiamo!” Io l’ho rielaborato e preferisco dire “diventiamo ciò che studiamo”. In altri termini, fate attenzione a quello che imparate, perché la mente è tanto potente da farci diventare simili a quello con cui la nutriamo.” (Robert T. Kiyosaki)

Ormai è semplice: mi serve una qualsiasi informazione e la cerco su google. Scuola, lavoro o semplice curiosità, trovo tutto di tutto. Qualche amico ironizza sul fatto che ti stai prendendo cura di un problema di salute con “Dott. Google”, alludendo al fatto che prendi informazioni su disagi o malanni su internet. Non che questo sia un male in assoluto, ci sono indiscutibili vantaggi ad avere accesso facile a ogni tipo di informazione, ma fruire solo di informazioni veloci, non approfondire mai e prendere tutto per buono è un po’ come mangiare ogni giorno al fast food.

Un altro strumento ambivalente è la tv, ci sono tante opportunità di approfondimento e di informazione, ma alcune proposte sono nella migliore delle ipotesi vuote e inutili, in altri casi addirittura “tossiche”.

Basti pensare alle notizie di violenze e catastrofi che sono spesso il leitmotive di telegiornali e programmi di approfondimento e che, assorbite passivamente, rischiano di bombardare la mente con ogni sorta di negatività. Non si tratta di essere ciechi o indifferenti a ciò che accade intorno a noi, ma consapevoli che un’esposizione univoca crea un effetto univoco.

Blog, articoli veloci, chiacchiere veloci mediate da social o whatsapp, la conoscenza e le informazioni corrono al ritmo frenetico della tecnologia.

Posto che talvolta il pranzo del fast food risponde ad un bisogno di contenere i tempi e che può essere un’alternativa sfiziosa al solito pranzo o la solita cena , è sulla possibilità di abuso che credo sia importante fare una riflessione.

Nella formazione, come nel coaching possiamo immaginare di essere ad un banchetto con ogni sorta di proposta nel buffet, sta a noi scegliere ciò di cui abbiamo bisogno in quel momento. Si tratta di riconoscere con che cosa vogliamo nutrire la nostra mente.

Ma siccome “il maestro appare quando l’allievo è pronto”, secondo un intrigante detto buddista, ci sono dei tempi “tecnici” di proposta, di digestione e di metabolizzazione dei concetti che spesso mal si adattano alla filosofia del fast food.

Uno dei rischi è di “consumare” solo e soltanto le informazioni che servono per risolvere un problema nell’immediato, senza darci la possibilità di acquisire consapevolezza e visione d’insieme.

head-580892_640

In azienda, proponendo un percorso di coaching di 8 sessioni,  da fruire in un periodo di 4/6 mesi, la perplessità del cliente è stata espressa in “ci vuole così tanto tempo? Non è possibile fare tutto in un paio di mesi al massimo?”.

“Certo, tutto si può fare, ma si tratta di cambiare punti di vista, convinzioni, capire che forse è più funzionale modificare il proprio atteggiamento, sperimentare delle azioni sul campo e valutare cosa ha funzionato e su cosa è ancora necessario assestare il tiro. Lei potrà identificare e modificare alcune delle sue convinzioni limitanti e poco funzionali in un paio di mesi?”

In altre parole, possiamo cambiare noi stessi in poco tempo?  Cambiare abitudini che fanno parte di noi da decenni e ottenere cambiamenti stabili in poco tempo?

A questo proposito penso che la Natura possa offrirci una risposta interessante, da formulare come domanda: possiamo far crescere un albero di mele (mela anche come simbolo di saggezza e conoscenza), in una notte?

apple-75114_640