Intervista ad Alessandra Marconato, autrice di “La foresta delle illusioni”

Alessandra Marconato è una collega, Coach, Trainer e autrice di questo affascinante libro. E’ stato un piacere intervistarla e svelare sul testo qualche curiosità in più…….

Ciao Alessandra, ho letto il tuo libro nella sua prima stesura un paio d’anni fa e ti ho caldamente suggerito di pubblicarlo. L’ho riletto  una volta pubblicato ed ora ho qualche domanda per te …

 Quando Taras entra nella Foresta, ricorda una poesia

“L’anima sta

con un piede nel passato e uno sul futuro.

Sfugge il presente in cerca di un perché.”

Spesso si attribuisce questo movimento tra passato e futuro e conseguente fuga dal presente, ai pensieri e quindi alla ragione. Qual è invece il senso del moto dell’anima per Taras?

Taras si ricorda della poesia nel momento in cui ha la consapevolezza che la Foresta infonde un senso di pace. L’anima di Taras è come “tirata” tra il passato, che non tornerà più, e un futuro che sa esistere e che non conosce. E si accorge che c’è un presente “bello”, fatto di serenità in cui vorrebbe rimanere perché, in quel particolare qui e ora, sta bene. Sfugge il presente perché è nello scorrere del tempo: è un po’ come voler afferrare l’aria ed è di questo scorrere del tempo che si chiede la ragione.

Quando hai utilizzato la metafora di chi ha l’aspetto di farfalla, ma cuore e mente di bruco? A chi ti sei ispirata? Pensavi al mondo aziendale?

Non solo al mondo aziendale. La vita è piena di finte farfalle e di persone che vogliono “fare” i maestri senza esserlo.

Nel coaching, nella consulenza o nella formazione che strumenti possiamo utilizzare per facilitare l’insight come accade al leone, nel racconto, che ad un certo punto capisce che con un semplice gesto, la porta della gabbia si apre?

Trovo che uno strumento molto potente sia quello delle domande. Molto spesso ci si affida al coaching, alla consulenza e alla formazione per trovare delle soluzioni. Le soluzioni vanno cercate e costruite e anche quando c’è un insight questo non piove dal cielo, anche se così può sembrare, ma deriva da un processo di consapevolezza. Uno dei modi per creare il terreno fertile per questa consapevolezza è porsi e farsi porre le domande “giuste”.

Quando Taras incontra il “popolo sereno” dove quello che conta è il viaggio e si parla ma non si decide mai, mi hai fatto pensare ad un’azienda, senza una chiara leadership o con una leadership troppo spostata sulla relazione, fino al limite dell’inconcludenza. È così?

Sì, è così. E c’è anche qualcosa in più. La leadership trova spazio se c’è, appunto, spazio. Si possono incontrare condizioni legate ai membri del team che non consentono l’affermazione della leadership per dinamiche, ad esempio, legate alle lotte di potere. Un leader c’è se ci sono dei follower…

Quando Taras e Mago incontrano il “popolo stupido”, con leggi statiche e incise sulle pietre, ho pensato al tema del giudizio e del pregiudizio,  che talvolta ci condizionano in maniera negativa. Che consigli potremo dare in proposito a manager e capitani d’azienda, per evitare di cadere negli stessi errori del “popolo stupido”?

C’è un testo che mi ha colpito da subito che è “Le leggi fondamentali della stupidità umana” di Carlo Maria Cipolla. L’ho usato spesso in corsi di formazione per parlare di lavoro di gruppo e negoziazione. Tutti noi possiamo cadere nella stupidità, provocando un danno a noi stessi per non lasciare un vantaggio ad altri. Il successo di altri non coincide con un nostro insuccesso. Il metro di paragone, credo, debba essere il fare il meglio con ciò che si ha e con le proprie risorse. Una volta ho letto su un social questa frase che ogni tanto cito “L’erba del vicino è sempre più verde … fino a quando non si scopre che è sintetica”.

“Prima di un condottiero c’è sempre un essere umano”, dice il cervo a Taras, il quale realizza di avere una vita fragile ed essere fallibile. Come si può conciliare secondo te l’immagine di un capo forte e invincibile con quella di un essere umano vulnerabile?

C’è una cosa che spesso sfugge della vulnerabilità: ammettere la propria consente agli altri di mostrare la loro vulnerabilità. Questo facilita notevolmente le relazioni e i flussi comunicativi, perché non ci si sente in “difetto” per non saper fare una determinata cosa o non essere abbastanza competenti.

Ho trovato particolarmente interessante il passaggio in cui il protagonista della storia si trova nel campo di battaglia. In che modo Taras trova l’equilibrio tra la dimensione dell’io e del noi? Ha paura, ma poi come trova il coraggio?

Capisce che alcune decisioni non le può delegare ad altri. Esiste l’io e il noi. Non sono in opposizione ed esistono entrambi.

Quanto c’è nella successione del “Capo” del “popolo litigioso” descritti nel racconto, del passaggio generazionale di un’azienda?

C’è il passaggio generazionale e ci sono le lotte per il potere, più in generale.

La selva e la morte sono temi che fanno tanta paura quanto sono inevitabili. Quanto meno li ritroviamo come rischi (le selve) e fine di qualcosa (morte) ad esempio un progetto, un percorso, una relazione. Qual è il segreto di Taras per superare questi ostacoli e guardare oltre?

Farci i “conti” e accettarli proprio come momenti inevitabili della vita (e dolorosi).

Al termine del libro il protagonista esce indenne dalla Foresta delle Illusioni, ma certamente cambiato. Porta con se molti apprendimenti. Qual è secondo te, il più prezioso, che Taras si porta via dal suo viaggio?

… prima o poi facciamo i conti con quello che siamo davvero … 

Grazie Alessandra!